La presenza pubblica nell'economia va ridotta. Ora eccessivo, ora insufficiente, l'intervento dello Stato appare contraddittorio, ispirato generalmente alla logica del salvataggio, per molti versi distorsivo, iniquo e inefficace. Sotto questa luce, l'economia italiana si configura come una sfera nella quale i fallimenti del mercato convivono con quelli pubblici, mentre è indotta a preferire il sussidio all'incentivo, l'uguaglianza finta e modificatrice alla disparità capace di mobilitare le risorse, la protezione in nome di un malinteso concetto di solidarietà allo slancio del mercato. Grazie allo «Stato provvidenza», alimentato da un fisco inutilmente esoso, il debito cresce verso una tendenziale insostenibilità senza incrementare le attività produttive, e il sistema di Welfare si avvita su se stesso; all'incapacità demagogica di intervenire sui problemi strutturali dell'economia si aggiunge la propensione a introdurre garanzie normative che penalizzano proprio le categorie sociali che si volevano tutelare, come è dimostrato in modo drammatico dalla mancata emancipazione di un Meridione assistito anziché stimolato e riorientato allo sviluppo. In questo libro, che si propone come un'autentica «controrelazione» sulla politica economica del nostro Paese, l'autrice presenta un quadro completo della realtà italiana, dominata dalla rincorsa di un impossibile consenso politico, formulando una serie coerente di ipotesi per restituire dinamismo di lungo periodo al mercato del lavoro, al mondo della produzione, al settore dei servizi, a quella società italiana che sembra avere contratto |