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Record Nr.

UNISA996667267703316

Autore

FINKELSTEIN, David Ritz

Titolo

Manifesto della melanconia / David Ritz Finkelstein ; traduzione di Silvio Ferraresi ; con una nota di Carlo Rovelli

Pubbl/distr/stampa

Milano, : Adelphi, 2024

Titolo uniforme

The Melencolia manifesto

ISBN

978-88-459-3875-7

Descrizione fisica

102 p. : ill., 1 ritratto ; 18 cm

Collana

Piccola biblioteca Adelphi ; 802

Disciplina

769.92

Collocazione

XII.2.B. 2212

Lingua di pubblicazione

Italiano

Formato

Materiale a stampa

Livello bibliografico

Monografia

Sommario/riassunto

Dal momento in cui è apparsa nel 1514, la Melencolia I di Dürer è ascesa a icona di culto – un culto in cui ha giocato un ruolo essenziale la sua esasperante, quasi irriducibile condensazione simbolico - esoterica, oggetto di secolari speculazioni almeno fino a quando, nel 1923, Erwin Panofsky e Fritz Saxl ne hanno dato un’interpretazione in apparenza risolutiva. Meno noto ma altrettanto illuminante è il contributo di uno dei fisici più eterodossi del nostro tempo, David Finkelstein, il quale, prendendo le mosse dallo studio dei due grandi storici dell’arte, offre dell’incisione un’originale analisi che riconduce ogni elemento a specifici ambiti scientifici e ne sottolinea così un carattere radicalmente nuovo. Non solo. Se già per Panofsky e Saxl la Melencolia I non rappresentava più la semplice traduzione visiva di un’inclinazione umorale, Finkelstein compie un passaggio ulteriore: facendo coincidere la scoperta rinascimentale della prospettiva con quella generale sull’«aspetto prospettico» (ossia relativistico) della realtà, individua nella melanconia la disillusione dell’artista e dello scienziato che si sforzano invano di raggiungere «verità e bellezza assolute». Al cuore di questo libro, dunque, c’è una vera, profonda messa in discussione degli idoli della scienza. Uno snodo su cui il fisico torna in modo mirato anche nel secondo scritto qui proposto, una breve ma acutissima meditazione dove Einstein e la meccanica quantistica vengono rilette per approdare alle più ardite implicazioni conoscitive della scuola buddhista. Mostrando così come in fisica le



«relazioni» tra gli oggetti contino più delle loro «proprietà»; e come non esistano teorie totalizzanti né, men che meno, conclusive. (Fonte: editore)