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Record Nr.

UNISA996472265903316

Autore

MILLER, James Edward

Titolo

From elite to mass politics : Italian socialism in the Giolittian era, 1900-1914 / James Edward Miller

Pubbl/distr/stampa

Kent, Ohio ; London, : The Kent State University Press, 1990

ISBN

0-87338-395-8

Descrizione fisica

Testo elettronico (PDF) (XII, 265 p.)

Disciplina

320.5310945

Soggetti

Socialismo - Italia - 1900-1914

Lingua di pubblicazione

Inglese

Formato

Risorsa elettronica

Livello bibliografico

Monografia

Sommario/riassunto

In questo studio James Miller sostiene che nella sua ricerca di un cambiamento graduale la fazione riformista dominante del Partito Socialista Italiano (PSI) ha deliberatamente costruito una struttura di partito che limitava la partecipazione di massa al movimento e cedeva il controllo ai deputati parlamentari della classe media. Diffidando delle masse contadine e urbane, i riformisti costruirono una piccola organizzazione con un numero di membri tratto in modo schiacciante da un'élite di braccianti agricoli e industriali meglio pagati, meglio istruiti e ben organizzati mentre cercavano attivamente i voti dei membri riformisti della classe media italiana. Grandi riforme ebbero luogo in Italia tra il 1900 e il 1912. Tuttavia, Giovanni Giolitti, l'astuto Primo Ministro italiano, le realizzò e le sfruttò per domare sia il Partito Socialista che il movimento operaio. Giolitti ha offerto concessioni volte a cementare il sostegno dei singoli deputati socialisti, indebolire la disciplina di partito e infine attirare i deputati - e attraverso di loro, il PSI - nel suo governo di coalizione come partner di minoranza. Il successo della strategia di Giolitti, in particolare la sua capacità di stabilire l'agenda e controllare il ritmo delle riforme, scatenò una serie di rivolte interne contro la leadership riformista. Una sfida iniziale dei radicali della classe media, sebbene riuscita nell'assicurare il controllo del PSI nel 1904, si rivelò incapace di fornire un'alternativa organizzativa o politica credibile al riformismo. Nel 1908 i riformisti controllarono nuovamente il PSI. Tuttavia, ancora una volta si



dimostrarono incapaci di realizzare le grandi riforme che potevano giustificare il loro continuo dominio. Il riformismo iniziò a dissolversi in fazioni contendenti. Sulla scia della guerra libica (1911-12), una coalizione di "rivoluzionari" della classe medio-bassa e della classe operaia, che difendeva una strategia di confronto con lo Stato italiano, spodestò la tradizionale leadership del partito. Il confronto dei rivoluzionari con lo stato italiano e gli attacchi della crescente estrema destra italiana minarono l'esperimento di riforma sociale e politica di Giolitti. Una fazione della maggioranza di sinistra del PSI, guidata da Benito Mussolini, spinse il partito verso un nuovo tipo di organizzazione politica, che cercava di utilizzare il potere latente delle masse contadine e urbane italiane per rovesciare lo stato. La doppia offerta di Mussolini per la guida del PSI e una rivoluzione raggiunse il culmine con le infruttuose rivolte della "Settimana Rossa" del giugno 1914.