L'Esposizione Universale di Parigi del 1867 ha introdotto ai frequentatori della fiera l'idea di un viaggio immaginario, un nuovo turismo en place. Attraverso questa e altre esposizioni simili, le culture del mondo sono state importate nelle città europee e americane come manufatti e presentate agli uomini e alle donne del XIX dando un'impressione rapida e apparentemente realistica di luoghi lontani. Çelik esamina l'esposizione delle culture islamiche alle fiere mondiali dell'Ottocento, concentrandosi sull'architettura espositiva. Afferma che alcune tendenze sociopolitiche e culturali ora cruciali per la nostra comprensione delle trasformazioni storiche sia in Occidente che nel mondo dell'Islam si rispecchiavano nell'architettura della fiera. Sebbene le fiere mondiali sostenessero di essere luoghi per una comunicazione culturale pacifica, mostravano il mondo secondo una gerarchia basata sui rapporti di potere. La delineazione di Çelik di questa gerarchia negli edifici espositivi ci consente di comprendere sia le relazioni conflittuali tra Occidente e Medio Oriente, sia la questione dell'autodefinizione culturale per le società musulmane del XIX secolo. |