Della globalizzazione economica, politica, culturale si discute molto. Un aspetto, però, non è ancora stato approfondito come meriterebbe: mentre risulta ormai un luogo comune predicare la libera circolazione di capitali, merci, prodotti mediali e idee, si tende a pensare che i confini dovrebbero restare chiusi alle persone, o almeno a quelle che si spostano da sud a nord nella geografia della sperequazione planetaria. A questa visione altri contrappongono un'idea di emigrazione come risposta dei diseredati alla globalizzazione prepotente degli interessi dominanti. A rimanere così nell'ombra è il fatto che i migranti non arrivano per caso, ma sono richiesti dalle economie sviluppate. Inoltre, molti fra loro in vario modo continuano a mantenere rapporti, a coltivare sentimenti di appartenenza e ad esercitare un ruolo attivo nei luoghi d'origine. Questo libro assume un punto di vista che considera i migranti come attori - e non semplicemente vittime - della globalizzazione, esplorando la complessa trama di legami che travalicano le frontiere, influenzano le società di provenienza, riplasmano l'identità dei migranti stessi e, in misura crescente, anche la nostra. |