Il volume affronta un tema non comune nella medievistica: la prigione e i suoi abitanti. Nel carcere medievale i prigionieri - incarcerati prima della sentenza, oppure rimasti "dentro" perché indebitati, socialmente pericolosi, riconosciuti colpevoli di un delitto - non erano abbandonati a loro stessi; delle loro esigenze si facevano carico le famiglie, la Chiesa, i laici devoti, gli stessi pubblici poteri. Nel caso di Milano il sistema carcerario e il rapporto tra carcerati, giustizia e misericordia assume sfumature peculiari. Le prigioni (anche private) sono numerose e disperse nella città: la più grande è un carcere-ospedale, che rinchiude certo, ma lascia intendere che è utile (per motivi economici) aiutare la sopravvivenza del reo e il suo ritorno in società. I milanesi del Quattrocento sono poi consci dei rischi di abbandonare i detenuti (uomini e donne) a una giustizia che, per i suoi costi, tutela solo i più forti. |